Offendere i “napoletani” o i “milanesi” è reato?

Insultare i “napoletani”, i “milanesi”, o i “Rom” è reato? La diffamazione è un delitto ma… si può diffamare una categoria di persone?

Il caso

Non molto tempo fa, un personaggio politico – nel corso di una trasmissione radiofonica – denigrò il popolo Rom. Infatti, lo stesso giorno si era tenuto un incontro presso la Camera dei deputati al quale avevano partecipato alcuni esponenti delle comunità Rom e Sinti italiane. Il politico, riferendosi a questo gruppo, fece dichiarazioni del seguente tipo: «Speriamo non si portino via gli arredi della Camera, perché lì è pieno di quadri di pregio […] non tutti i Rom sono ladri ma molti ladri sono Rom… una bella percentuale», «i Rom neanche si propongono di lavorare», «penso quello che pensano tutti: mano alla tasca del portafoglio per evitare che te lo portino via, è un riflesso pavloviano, dettato da un’esperienza secolare».

Il politico in questione venne querelato e i giudici in primo e secondo grado lo condannarono per diffamazione aggravata. Allora, egli fece ricorso alla Corte di cassazione ritenendo che, in realtà, le sue dichiarazioni non costituissero diffamazione.

Il reato di diffamazione

Prima di sapere come andò a finire e capire la decisione che prese la Corte di cassazione, bisogna fare un passo indietro e interrogarsi sul reato di diffamazione.

Il reato di diffamazione si verifica quando chiunque offende la reputazione di un terzo (o più terzi), in sua (o loro) assenza, comunicando con più persone (articolo 595 del Codice penale). La diffamazione è diversa dall’ingiuria – la quale non costituisce più reato ma semplice illecito civile – in quanto nell’ingiuria l’offesa è rivolta direttamente alla persona offesa mentre nella diffamazione la persona offesa è assente oppure comunque – se si tratta di comunicazione a distanza, telefonica o telematica – la comunicazione non è ad essa diretta.

Come si diceva, per integrare il reato di diffamazione, è necessario che la dichiarazione offensiva sia realizzata “comunicando con più persone”, cioè che sia rivolta ad almeno due persone diverse dalla persona offesa. Inoltre, la diffamazione è aggravata se è commessa con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, oppure in atto pubblico. Per “mezzo di pubblicità” la giurisprudenza ormai intende qualsiasi mezzo idoneo a diffondere la comunicazione ad un numero indeterminato di destinatari: ad esempio un blog, un social network, una trasmissione radiofonica, ecc.

Le persone offese dal reato di diffamazione possono anche essere molteplici… tuttavia, ci sono dei requisiti per quanto riguarda l’identificazione delle persone offese?

La determinabilità della persona offesa nel reato di diffamazione

In realtà, la lesione alla reputazione prodotta dalle dichiarazioni diffamatorie implica che la persona la cui reputazione è stata offesa sia “determinata o determinabile”. Infatti, poiché la reputazione è la considerazione sociale di cui gode la persona presso la collettività, presso gli altri consociati, affinché vi sia diffamazione è necessario che gli altri consociati possano capire a chi si riferiscono le affermazioni diffamatorie.

Ma c’è di più.

Questa “determinabilità” della persona offesa non può derivare da una offesa generica ad una categoria di persone. Infatti, se qualcuno insulta “i napoletani” o “i milanesi” in generale, non ne segue che la reputazione di Tizio (che è napoletano) o di Caio (milanese) sia compromessa.

Tornando al caso del personaggio politico raccontato all’inizio, la Corte di cassazione, con sentenza n. 32862/2019 ha infatti affermato: «Il reato di diffamazione è, invero, costituito dall’offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria, anche limitata, se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili». Ha ritenuto, insomma, che non ci fosse stata “diffamazione” nei confronti della comunità Rom in generale. Quindi: offendere genericamente i “napoletani”, i “milanesi”, o i “Rom” non è diffamazione.

Tutto bene allora? Non proprio… Sebbene la Cassazione abbia escluso la diffamazione nel caso di specie, ha comunque ritenuto sussistente un diverso reato, cioè quello della propaganda di idee che incitano all’odio o alla discriminazione etnica: «Invero, la reiterata insistenza sulla pericolosità sociale di una razza, ribadita da un noto esponente politico persino in conclusione di un’intervista che, per popolarità e audience, risulta seguita da un numero considerevole di persone, s’appalesa del tutto idonea a fomentare ed acuire un generalizzato sentimento di diffidenza e discriminazione.»

Avv. A. Luis Andrea Fiore

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